Non può esistere allenamento o trattamento se prima non si esegue una valutazione del soggetto e questo è un dato di fatto negli ambiti di:
– Salute
– Postura
– Prestazione
Esistono moltissimi test di valutazione funzionale e tanti approcci ma degli aspetti devono essere chiari, condivisi e comuni: la struttura delle nostre parti corporee determina la funzione delle stesse e il funzionamento ne plasma la struttura in un continuum di evoluzione e modifica. Tutto questo è visibile e misurabile nello svolgimento dell’azione motoria.
In questa dicotomia tra struttura e funzione è fondamentale poi inserire l’azione ovvero il motivo per cui si mette in atto il movimento di una determinata struttura con la sua specifica funzione e funzionalità.
I tre pilastri:
1) Struttura
2) Funzione
3) Azione
non possono essere scissi e devono essere tenuti sempre in considerazione per cui è importante comprendere quando in una determinata AZIONE motoria la STRUTTURA in movimento sia facilitata o meno in base alla sua fisiologica o afisiologica FUNZIONE.
Cominciamo con la STRUTTURA.
Il Piccolo Principe ha insegnato a tutto il mondo che l’essenziale è invisibile agli occhi ma questa volta dobbiamo proprio partire dall’osservazione e non possiamo farne a meno.
La morfo-struttura è ciò che possiamo osservare con i nostri occhi e descrivere in termini di allineamenti, posizioni, rapporti spaziali relativi e assoluti.
L’osservazione quindi consente di comprendere la presenza o meno di deformità* della struttura.
L’analisi della struttura dovrebbe procedere attraverso lo studio delle posizioni “preferenziali” del soggetto, per poi procedere con l’analisi della capacità del soggetto di ridurre la deformazione attraverso un’autocorrezione.
Da questa analisi si possono generare quindi due conclusioni sull’assetto morfo-strutturale:
1) deformità riducibili (chiamate anche paramorfismi)
2) deformità non riducibili (chiamate anche dismorfismi).
Conoscere queste condizioni prima di studiare la capacità di muoversi di un soggetto è un passaggio inevitabile che deve essere applicato non solo al sistema muscolo-scheletrico ma anche agli altri sistemi corporei.
*NB: la parola “deformità” è intesa in senso lato e non clinico, inquadrando tutta quella serie di allineamenti differenti dalla fisiologia anatomica.
Dopo l’osservazione e descrizione della struttura si deve procedere con la valutazione della FUNZIONE.
Purtroppo negli ultimi anni si è veramente abusato ed esagerato con l’aggettivo “funzionale” unendolo ad ogni cosa. Lo scopo con cui utilizzo questo termine è assolutamente lessicale mi riferisco esatto alla funzione e al funzionamento dei distretti corporei indagati.
Questi ultimi si muovono secondo la natura per quale sono stati creati per cui possono seguire fondamentalmente due sorti contrapposte:
1) Rispetto della fisiologia articolare
2) Alterazione della fisiologia articolare.
Questa valutazione sul funzionamento del segmento anatomico di interesse deve essere unita inevitabilmente con l’osservazione della struttura secondo quello che è stato suggerito nel post precedente creando quindi una sorta di tabella a doppia entrata nella quale inserire i risultati della nostra osservazione e valutazione.
Il bravo professionista sarà colui che di fronte ad una alterazione della fisiologia articolare troverà o meno una possibile connessione e riconducibilità all’organizzazione della struttura oppure indagherà altri aspetti.
Dopo la valutazione della funzione si può procedere con la misurazione dell’AZIONE.
Quest’ultimo passaggio è il meno presente nella scala di studio del soggetto. Si passa da professionisti che per scelta non eseguono misurazioni ad altri che usano la misurazione con il solo scopo di fare del cinema e spesso utilizzando strumenti e metodi inadeguati.
La misurazione dell’AZIONE motoria svolta è un passaggio della Biomeccanica ovvero della disciplina che studia il movimento attraverso i metodi della meccanica basandosi sugli elementi della fisiologia umana.
Possiamo quindi scegliere strumenti di misura delle forze, delle accelerazioni, del tempo, degli spazi e degli angoli, dell’attività muscolare etc. A prescindere da quale sia lo strumento di misura lo dobbiamo conoscere e dobbiamo avere in mente un quadro chiaro dell’analisi da svolgere.
Il processo di misurazione porterà quindi l’operatore a due conclusioni opposte:
1) I risultati dello studio biomeccanico del gesto sono aderenti al modello di movimento
2) I risultati dello studio biomeccanico del gesto sono lontani dal modello del movimento.
Il professionista in questa maniera individua la capacità o meno del soggetto di saper compiere il gesto. Una difficoltà nel compiere il movimento potrà essere attribuita a differenti ambiti:
🎯 Impossibilità strutturali (nel caso in cui sia la struttura ad essere inficiata)
🎯 Impossibilità funzionali (nel caso in cui sia la funzione ad essere inficiata)
🎯 Impossibilità coordinative nel caso in cui la struttura e la funzione siano corrette ma l’azione risulti errata.
Uscire dai canoni classici che trovano una ed una sola causa e passando da una visione singola ad una complessa che comprende la STRUTTURA, la FUNZIONE e l’AZIONE dovrebbe essere lo scopo di ogni bravo professionista.
Riassumendo:
1) La struttura è il primo aspetto che colpisce l’attenzione dell’operatore. Il professionista per inclinazione è portato ad osservare subito cosa rientra o meno nella “norma” intesa come allineamento corporeo. Il passaggio fondamentale in questa fase è quello di comprendere quanto le deformazioni della struttura siano riducibili o meno.
2) Successivamente si deve procedere con la valutazione della funzione, volta ad inquadrare ciò che la struttura concede quindi gesti di base ed attivazioni muscolari che seguono e rispettano le leggi della fisiologia muscolare ed articolare.
3) Ultimo passaggio è la misurazione dell’azione prodotta dal sistema muscolo scheletrico quindi lo studio biomeccanico del gesto per una completa oggettivazione della capacità di movimento.
La struttura può essere osservata
La funzione può essere valutata
L’azione può essere misurata
Il professionista che svolgerà questa modalità di studio della persona sarà in grado, al termine del processo e attraverso una corretta analisi dei dati, di costruire una mappa chiara delle:
🎯 Zone corporee rigide
🎯 Zone corporee deboli
🎯 Difficoltà di movimento
Con questa mappa in mano sarà più semplice trovare la strategia da applicare per il trattamento, qualunque esso sia.
Segui i post su Luca Russo – Postura, Biomeccanica e Ricerca
Dott. Luca Russo Ph.D.